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Don Salvino Cognetti riflette sulla spiritualità di Nuccia Tolomeo
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Grazie, Gesù, per averci regalato Nuccia!

RELAZIONE SULLA SERVA DI DIO NUCCIA TOLOMEOrosa

di Don Salvino Cognetti e Don Pino Silvestre


Ho conosciuto di persona, per poco tempo, la Serva di Dio Nuccia Tolomeo durante i primi
anni del mio ministero pastorale nella Parrocchia di S. Giuseppe in Catanzaro e quindi poco
tempo prima cha la carissima Nuccia rendesse la sua anima eletta a Dio. Ne avevo, però,
sentito parlare in casa sia da mia madre che da alcune mie zie sempre con toni di sentita
ammirazione per la sua capacità di coniugare la pazienza nella sofferenza e l’apertura solidale
a quanti la incontravano per comunicarle i loro problemi. La lettura delle sue testimonianze
scritte, costituite da preghiere, messaggi e corrispondenze con le più svariate categorie di
persone, ha costituito per me una grande esperienza spirituale, un sentirmi giudicato e messo
in questione dalla fede umile ed operosa di questa donna e dalla sua esemplare coerenza di vita.

La signora Nuccia aveva una profonda conoscenza della Sacra Scrittura, come testimoniano
diverse persone che l’hanno conosciuta, che riferiscono del suo ritenere a memoria interi passi
della Parola di Dio. E il testo biblico è in lei la base di una fede semplice, umile,
compassionevole, tesa all’imitazione di Cristo e della Vergine Maria, una fede che
certamente fluisce da un’unione mistica con Dio filtrata attraverso la coscienza di essere uno
strumento scelto dal Padre per riproporre la passione del Suo Figlio nella carne martoriata di
una donna costretta all’immobilità assoluta da una paralisi progressiva ad andamento
veramente singolare. Ella consegna fiduciosamente la sua vita a Dio, ringraziandoLo per il
dono della croce: ha la sensazione netta che le sue sofferenze siano una prova a cui Dio la
sottopone per il bene dell’umanità. Ha coscienza che la sua malattia ha un valore espiatorio e
purificatorio. Il suo corpo debole è stato preparato da Dio per il trionfo della sua potenza
d’amore. E, quindi, si sente strumento nelle mani di Dio in un rapporto con l’amore infinito
del Padre, che è fatto soprattutto di obbedienza umile, sottomessa e senza riserve alla sua
volontà. Tutto ciò si traduce in una relazione di amore sponsale con nostro Signore Gesù
Cristo, che diventa suo sposo e consolatore. Ella dice: “Gesù è il mio angelo consolatore, il
buon cireneo, pronto a soccorrermi quando la croce diventa troppo pesante”. E questo
sentimento, a volte, riesce a darle anche sollievo dal dolore fisico.
La signora Nuccia ha compreso che il significato delle prove più dolorose non sta nel
manifestarsi di Dio come giustizia o come retribuzione, ma nel suo manifestarsi come amore.
“Ringrazio l’Amore, dice, per avermi crocifissa per amore”. E a questo amore di Dio
vuole rispondere con uno sguardo di amore al volto, alle sofferenze del Signore, ai suoi
patimenti. Unita al desiderio di seguire Gesù, l’Agnello di Dio, dovunque Egli la porti, per
divenire strumento della sua misericordia per i peccatori. Pur non avendo mai studiato
teologia, in maniera semplice e scarna, ci da una lezione meravigliosa sull’inabitazione della
Trinità nell’anima del giusto mediante l’azione dello Spirito Santo, che è lo Spirito
Consolatore che le da la forza di combattere e superare lo scoraggiamento sia nelle malattie
che nelle prove interiori. Ella dice: “Quando siamo in grazia Dio è presente in noi, abita
nell’anima nostra col mistero della sua vita trinitaria”. L’offrirsi vittima d’amore l’avvicina
straordinariamente a sante, quale Santa Maria Margherita Redi, Santa Teresa di Lisieux e a
tante altre. Stupende poi sono quelle considerazioni in cui si sente chiamata non solo ad essere
ostia vivente, ma tabernacolo di Gesù. Ella dice: “Voglio e devo essere il Tabernacolo di
Gesù, con la differenza che il Tabernacolo è di legno, mentre io pulso e vibro d’amore per
Lui, parlo con Lui, converso con Lui”. Tutto ciò si traduce in carità vissuta, non
semplicemente come slancio affettivo, ma come partecipazione reale e incondizionata alla
vita colma di problemi delle persone che a lei si rivolgevano. Ella ha un immenso calore di
affetti nei confronti dei familiari e delle persone che le sono più care fino ad interessarsi
anche delle questioni più minute, ma tutto ciò non scalfisce lo spirito di distacco verso le cose
terrene, quella evangelica indifferenza che mette Dio ed il suo servizio al di sopra di ogni cosa
e che impedisce di fare della propria famiglia il centro assolutamente predominante della
propria esistenza. Dalle lettere traspare come, sia che parli a parenti od amici sia che parli ad
amici o anche ad individui che neanche conosce di persona, la serva di Dio Nuccia inviti tutti
a mettere le esigenze di Dio, della fede e della morale sopra ogni cosa. L’attenzione e la
compassione per la vicenda umana non diventano motivo per cercare soluzioni unicamente
terrene ma sempre queste vengono sublimate e ripresentate nel più grande contesto della
“sequela Christi”. Commuove notare come pur rinchiusa tra quattro mura ella abbia così
presenti alla sua psicologia le persone con le quali è in contatto da parlare loro con una
sincerità ed un affetto tali da sembrare che le consideri essenziali alla sua esistenza. Al
perfezionarsi della sua dimensione umana ha certamente contribuito oltre che il calore degli
affetti da cui è stata circondata, anche la sua vita di preghiera incessante, centrata non solo
sull’Eucaristia e sul dialogo interiore con Dio, ma anche sul Rosario continuamente recitato
come autentica scuola di contemplazione. Il suo mondo interiore è abitato oltre che dal Divino
Sposo, dalla presenza della SS. ma Vergine e degli angeli con i quali ha un rapporto particolarissimo.

Forte è anche in lei la devozione al Cuore di Gesù e la gioia della celebrazione della Via
crucis. Ma il suo animo si effonde anche in spontanei cantici di lode con i quali coglie il
segreto della presenza del Creatore nella bellezza del creato.
Infine voglio marcare l’attualità del suo messaggio ecclesiologico fatto in primo luogo di
amore tenerissimo e forte per la chiesa, di affermazione del valore radicale del battesimo,
della necessità di prendere coscienza delle esigenze che impone in ogni cristiano di essere
missionario nel mondo soprattutto con la testimonianza della vita. Ella ben conosce la
nozione di sacerdozio comune dei fedeli che non devono delegare solo ai consacrati l’annunzio del Vangelo.

I giovani, da lei particolarmente amati, sono invitati a riscoprire i veri valori della vita; prima
di tutto a formarsi al valore della verginità, perché, come lei stessa afferma, “Il corpo non è
un oggetto da svendere o sciupare”, ma è strumento di una relazione di amore santo. Forte è
l’accentuazione sulla indissolubilità del matrimonio e sulla necessità di accogliere e rispettare
la vita sull’esempio della Madonna. “I giovani devono diventare il quinto Vangelo con la
testimonianza gioiosa della loro vita“. Lo dice parafrasando lo scrittore Marco Polirio.
Immensa è in lei la predilezione per gli ultimi: poveri, anziani, ammalati, barboni, minori
abbandonati e carcerati con i quali ha un dialogo particolare in cui li esorta a confidare nel
Padre, che ci ama così come siamo e ad avere sempre speranza per il futuro.
La serva di Dio Nuccia Tolomeo è stata, allora, per grazia divina e per l’edificazione della
chiesa un fulgido esempio di esistenza cristiana, condotta nell’obbedienza alla volontà del
Padre, nella preghiera, nella carità, nell’accettazione paziente ed amorosa della sofferenza, in
un abbandono completo e fiducioso alla divina provvidenza, nell’esercizio incessante di tutte
le virtù cristiane.